Istituto di Cultura Fascista


Durante il difficile ventennio fascista, l’Università Popolare si ritrovò nel mezzo di forti diatribe e scossoni tanto da farla, in tempi brevi, commissariare proprio dal governo fascista.

Nel settembre del 1922 venne convocato in gran fretta il Consiglio dell’università popolare per discutere il trasferimento del Congresso della Cultura Popolare da Napoli a Milano. Motivo di tanta fretta e preoccupazione furono le minacce fasciste rivolte a Turati minacciando che non avrebbero mai permesso che l’onorevole socialista mettese piede nei locali dell’università dove si sarebbe tenuto il congresso.

Senonché per l’apertura dell’anno accademico l’Università Popolare di Milano aveva interpellato sin da luglio Guglielmo Ferrero, allora molto in voga come oratore, scrittore e sociologo di matrice positivista. Allievo e collaboratore di Cesare Lombroso, fu tra i primi fautori delle università popolari che egli vedeva come “istituti di divulgazione della scienza, la quale è una sola, per i socialisti come per i clericali”.

Ferrero arriverà a scrivere queste forti e determinate parole: “quando l’Italia agonizza, soffocata dalla viltà, dall’ignoranza e dalla pazzia, io non perdo il tempo a raccontare la storia di venti secoli fa. Se non mi è possibile dire il mio pensiero, che ha per lo meno la virtù di essere stato a lungo meditato, sui tremendi problemi dell’ora presente, preferisco tacere”.

Nonostante le pressioni, le iscrizioni all’Università Popolare continuano a crescere e nel 1924 il Consiglio dell’Università inserirà con voto unanime la seguente clausola: il vessillo sociale è la bandiera d’Italia con lo stemma di Milano e dell’Università Popolare di Milano. Esso segnerà gli eventi lieti e tristi dell’associazione, della città e della patria”.

L’Università Popolare con atti e con parole difenderà l’utopia dell’indipendenza e la linea democratica che le proviene dai suoi fondatori. Ma il cambiamento che doveva essere sinonimo di adeguamento al regime era vicino. All’assemblea del 3 dicembre 1926, i fascisti si iscrivono in massa partecipando in camicia nera. Il cambio era avvenuto e il nuovo Bollettino dell’Università Popolare esce con impresso il fascio littorio.

I soci diventeranno semplici uditori e il Consiglio sarà designato dal podestà, dal Fascio milanese, dai rappresentanti fascisti di varie categorie. Presidente, o sarebbe meglio dire commissario, sarà il poeta e giornalista Carlo Ravasio.

L'Università popolare di Milano attualmente Università popolare degli Studi di Milano finirà così con aderire alla progettazione culturale fascista e ne divenendone protagonista per quel periodo. Ad oggi conserva nel museo dell'Università popolare di Milano diverse testimonianze didattiche culturali storiche.

Fu Benito Mussolini che diede di fatto il colpo di grazia permettendo, di fatto, all’istituto di Cultura fascista di assorbire l’università popolare di Milano e l’università popolare di Roma.

L'Istituto di Cultura Fascista era un'organizzazione creata dal regime fascista in Italia per diffondere l'ideologia e la cultura fascista. Venne fondato nel 1925 dal gerarca fascista Alfredo Rocco, il quale volle istituire un'organizzazione culturale che fosse al servizio del regime.

L'obiettivo dell'Istituto era di promuovere l'ideologia fascista attraverso l'organizzazione di conferenze, pubblicazioni di libri, riviste e giornali. L'istituto svolse un ruolo importante nella diffusione della cultura fascista, in particolare nell'ambito della letteratura, dell'arte, della filosofia e della storia. L'Istituto di Cultura Fascista venne sciolto dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con la caduta del regime fascista. Oggi, l'Istituto è considerato un simbolo dell'ideologia e della cultura del regime fascista italiano.


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