Università popolare Milanese Biblioteca della Federazione Italiana delle Biblioteche Popolari



Perché popolare? Molte volte questa domanda è stata fatta generando non solo una certa curiosità ma anche qualche dubbio. La risposta è più semplice di quello che si pensi: perché con il termine “popolare” si indicava una cultura meno aulica, che scendesse dagli scranni dei dotti per cercare di elevare l'informazione, l'istruzione e la cultura dei diseredati.

Una biblioteca popolare è molto più di una semplice biblioteca, è un vero modello, un modello che si sviluppa in Italia immediatamente dopo l’Unità e negli stessi Stai Uniti ai primordi del Settecento. Parliamo di un modello bibliotecario tra i più antichi.

Siamo nel lontano 1861 quando Antonio bruni, in quel di prato, fonda la prima biblioteca circolare e i cittadini, per poter usufruire del servizio, pagano una tassa di 30 centesimi. Successivamente, nel 1903, si costituisce a Milano, grazie alla spinta della Società umanitaria, il consorzio per le biblioteche popolari. Primi aderenti a questo straordinario sforzo culturale e sociale sono l’Università popolare, la società promotrice delle biblioteche popolari, il comune di Milano e la cassa di risparmio.

Nel 1908 a Roma, organizzato dall'Unione Italiana per l'Educazione Popolare, si tenne il congresso nazionale durante il quale si dette vita alla Federazione Italiana delle Biblioteche Popolari, di cui si occuparono per anni Filippo Turati, Cesare Saldini, Vittorio Emmanuele Orlando, Rinaldo Rigola, Angelo Merlini, Ettore Fabietti; anima dell'iniziativa l'instancabile Augusto Osimo, direttore generale della Società Umanitaria, che si assunse il compito di finanziatrice.

La Federazione e i suoi uomini si dettero anima e corpo per onorare l'impegno che si erano assunto: dotare ogni comune d'Italia di una biblioteca popolare. A tanto essa giunse con iniziative degne di una ben più ampia trattazione, di quanto non possa fare io in questa sommaria relazione: la "Collana rossa", un best seller del libro economico, che raggiunse i cento titoli e che dette coraggio e aire agli editori Salani (1862), Bietti (1870), Vallardi (1900), Barion (1923), ma soprattutto a Sonzogno (1910) che pubblicò circa seimilacinquecento opere a prezzi popolarissimi; l'organizzazione dell'ufficio acquisti in comune per la biblioteche e per le scuole elementari; l'organizzazione delle biblioteche circolanti magistrali e delle biblioteche rurali. La Federazione divenne l'organo coordinatore di tutte queste iniziative e potenziatore di quelle esistenti.

Nel 1932 il regime fascista creò l'Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche e a questo, per legge, la Federazione fu costretta a consegnare tutta la sua organizzazione. Dopo la liberazione, chi dette il la alla rinascita fu proprio la giovane Organizzazione per l'Educazione la Scienza la Cultura delle Nazioni Unite (che aveva ereditato l'opera dell'Istituto Internazionale della Cooperazione Intellettuale), la quale fin dalla conferenza sull'educazione degli adulti di Copenaghen del giugno 1949, sotto la spinta di Jaime Torres Bodet, eminente direttore generale, sollevò il problema delle biblioteche «forza viva al servizio dell'educazione popolare».

Un aiuto prezioso arrivò dal British Council, col quale la Federazione organizzò una serie di corsi residenziali (1954) per la formazione e la sensibilizzazione di aspiranti bibliotecari.

Ma già dal 15 al 18 ottobre del 1947 a Firenze, venne indetto il Primo Congresso Nazionale della Cultura Popolare, che si concluse con la proposta di rifondazione dell'Unione Italiana della Cultura Popolare. Gli organizzatori dedicarono una intera giornata alle biblioteche popolari.

A seguito delle relazioni della dott. Anita Mondolfo della Biblioteca Nazionale di Firenze, del dott. Enrico Jahier della direzione delle Accademie e Biblioteche del Ministero e del dott. Francesco Barberi, sovrintendete bibliografico, fortemente critiche nei confronti del fascismo e dell'Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche, venne approvato un ordine del giorno che auspicava la ricostituzione della Federazione delle Biblioteche Popolari. L'ordine del giorno, firmato dall'avv. Emiliano dell'Università Popolare di Milano e dal dott. Mario Melino della Società Umanitaria di Milano venne approvato all'unanimità.

Fu dunque l'Umanitaria che si assunse il compito di rendere operanti i desiderata del congresso di Firenze e da quel momento, per oltre vent'anni, Riccardo Bauer prese il posto di Filippo Turati come presidente dell'Unione e della Federazione. Egli aveva pagato con carcere e confino la sua opposizione dura e intransigente al fascismo, aveva diretto con Pertini ed Amendola la resistenza ai nazifascisti, aveva ripreso il suo posto di civile educatore alla presidenza dell'Umanitaria.

Il primo Repertorio era dedicato ai volumi fondamentali che una Biblioteca doveva possedere; conteneva 3150 titoli suddivisi in 12 sezioni, così da indicare, a lettori di media cultura e ai bibliotecari «uomini di buona volontà», le opere fondamentali reperibili sul mercato in edizione non di lusso, ma di elevato livello per quanto riguarda la narrativa e le opere generali di consultazione. A questo Repertorio seguirono (fino all'anno 1973/74) ben 17 Annuari, nei quali gli esperti delle singole materie furono sostituiti da oltre 40 riviste specializzate.

Dopo il passaggio (D. P. 14 gennaio 1972 n. 3) del sistema delle biblioteche pubbliche alla Regione, la Lombardia commissionò la sua Guida per una biblioteca economica che apparve nel dicembre 1972. Vi sono compresi circa 5.800 titoli, tutti con un costo inferiore alle 1.500 lire (dell'epoca). Gli autori delle 50 sezioni, in cui è suddivisa la guida, furono circa una quarantina. È il tentativo di retroguardia di diffondere la lettura con una politica di bassi prezzi.

L'Ente ha cessato l'attività in seguito al DPR 431 del 4/7/1977.


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